CASSAZIONE PENALE, sez. II, 05 aprile 2023, n. 14520

In tema di commercio di prodotti con segni falsi, perché il falso possa essere considerato innocuo e grossolano e, dunque, il reato impossibile, è necessario avere riguardo alla attitudine ingannatoria del marchio in sé e non alle modalità di vendita e alle altre circostanze esterne, che attengono, invece, alla tutela del consumatore. Infatti integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto, senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio. Si tratta, pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo, quindi, l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGO Geppino – Presidente –

Dott. IMPERIALI Luciano – Consigliere –

Dott. BORSELLINO Maria D. – rel. Consigliere –

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere –

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

B.B., nato a (Omissis);

C.C., nato a (Omissis);

D.D., nato a (Omissis);

EE., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 01/04/2022 della CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE COSCIONI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale ETTORE PEDICINI, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di D.D. limitatamente alla recidiva e l’inammissibilità nel resto del ricorso e dei ricorsi degli altri imputati;

letta la memoria del difensore di A.A. e B.B., Avv. FRANCESCO CHRISTIAN DI NARDO, che ha insistito nei motivi di ricorso, chiedendo in subordine di annullare la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione;

lette le conclusioni del difensore di D.D., Avv. SANDRO D’AGATA, che ha insistito per l’integrale accoglimento dei motivi di ricorso ed il consequenziale annullamento della sentenza impugnata.

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 1aprile 2022, confermava la sentenza di primo grado con la quale A.A., B.B., C.C., D.D. e E.E. erano stati dichiarati responsabili dei reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p., per avere detenuto per la vendita fascette contraffatte riportanti il marchio figurativo/denominativo “(Omissis)”.

1.1 Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di A.A. e B.B., eccependo la carenza di motivazione con riferimento alla deposizione del teste F.F.; già con l’atto di appello si era sollevata la questione afferente l’esistenza o meno di un marchio denominato “(Omissis)”, in quanto alla data dei commesso reato esisteva protezione soltanto con riferimento al marchio “(Omissis)”, ma non ad un marchio “(Omissis)”; la Corte di appello aveva risposto che l’imputazione faceva riferimento al marchio sia nella parte figurativa che denominativa e che il teste F.F. aveva specificato che tutte le fascette sequestrare riportavano sia il nome per esteso (Omissis) che l’acronimo (Omissis), per cui la disquisizione concernente la mancata registrazione del patronimico “(Omissis)” appariva irrilevante; era però agevole rilevare che le dichiarazioni del teste F.F., secondo cui “(Omissis)” era marchio registrato era falsa ed il teste non avrebbe certo potuto affermare che su tutte le fascette sequestrate vi fosse anche l’acronimo (Omissis). 1.2 Il difensore lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche.

1.3 Il difensore proponeva poi memoria di replica alle osservazioni del Procuratore generale, insistendo in particolare nel primo dei motivi proposti, e chiedendo di dichiarare i reati estinti per prescrizione.

2. Propone ricorso il difensore di C.C..

2.1 Il difensore eccepisce che la merce era visibilmente contraffatta, e che gli spettatori del concerto ben sapevano distinguere tra prodotti genuini ed originali ed evidenti contraffazioni, anche alla luce del fat:to che gli imputati stazionavano in prossimità della metropolitana, senza un minimo punto vendita ed ajvano le fascette in mano.

2.2 Il difensore osserva che era necessario l’intervento di questa Corte per rendere esattamente proporzionata la pena tra tutti gli imputati ed adeguata ai fatti di una pericolosità sociale assolutamente nulla.

3. Propone ricorso il difensore di D.D..

3.1 Il difensore osserva che la Corte di appello era incorsa in errore sulla sussistenza, all’epoca dei fatti, della registrazione del marchio “(Omissis)”, nonchè sulla corretta contestazione, nel capo di imputazione, anche dell’acronimo “(Omissis)”, che non era mai stato oggetto di specifica contestazione; risultava incontroverso che il patronimico “(Omissis)” non fosse oggetto di registrazione nel 2015, e che la inferenza della Corte di appello di ritenerlo sussumibile nella registrazione del marchio “(Omissis)” si appalesava frutto di una erronea percezione del dato probatorio.

3.2 II difensore rileva che nell’atto di appello si era chiesto di non riconoscere la contestata recidiva, ma la Corte di appello aveva risposto con un sillogismo di tipo tautologico.

4. Propone ricorso il difensore di E.E..

4.1 D difensore rileva che la pubblica accusa aveva prodotto in giudizio soltanto il certificato di rinnovo del marchio figurativo “(Omissis)”, diverso dal marchio “(Omissis)” per la cui contraffazione l’imputato era stato citato in giudizio; vi era stata quindi una errata valutazione della prova, posto che si era dato per presupposto l’esistenza della registrazione del marchio, quando così non era.

Motivi della decisione

1.I ricorsi proposti nell’interesse di A.A. e B.B. devono essere dichiarati inammissibili.

1.1 Relativamente al motivo comune proposto dai difensori di A.A., B.B., D.D. e E.E., i giudici di merito hanno precisato che il teste F.F. ha affermato che il marchio “(Omissis)” era composto sia dalla parte denominativa “(Omissis)” che dall’acronimo “(Omissis)” (vedi pag.6 sentenza primo grado) e che, come risultava anche dai verbali di perquisizione e sequestro tutte le fascette sequestrate riportavano sia il nome per esteso (Omissis) che l’acronimo “(Omissis)”; il Tribunale aveva quindi rilevato che il capo di imputazione è stato formulato in forma sufficientemente chiara e precisa, contestando l’utilizzo indebito del marchio registrato figurativo/denominativo (Omissis), per cui la semplice lettura del testo consentiva a chiunque di comprendere che oggetto dell’imputazione e l’utilizzo del marchio registrato in uso a (Omissis) sia nella sua parte denominativa che in quella figurativa.

Infatti, ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 474 c.p., l’alterazione di marchi prevista dall’art. 473 comprende anche la riproduzione solo parziale del marchio, idonea a far sì che esso si confonda con l’originale e da verificarsi mediante un esame sintetico – e non analitico – dei marchi in comparazione, che tenga conto dell’impressione di insieme e della specifica categoria di utenti o consumatori cui il prodotto è destinato; il fatto quindi che solo la parte del marchio figurativa fosse tutelata comporta che il reato deve ritenersi sussistente.

1.2 Relativamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche, la Corte di appello ha espresso congrua motivazione alle pagine 12 e 13 della sentenza impugnata, evidenziando i precedenti penali di A.A., la mancanza di collaborazione di B.B. e di elementi valutabili ai fini della concessione del beneficio, non indicati neppure in ricorso; deve essere ribadito che in tema di attenuanti generiche, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al contrario, è proprio la suindicata meritevolezza che necessita, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio.

2. Il ricorso proposto nell’interesse di C.C. deve essere dichiarato inammissibile.

2.1 Infatti, in tema di commercio di prodotti con segni falsi, perchè il falso possa essere considerato innocuo e grossolano e, dunque, il reato impossibile, è necessario avere riguardo alla attitudine ingannatoria del marchio in sè e non alle modalità di vendita e alle altre circostanze esterne, che attengono, invece, alla tutela del consumatore; si deve ribadire che “Integra il delitto di cui all’art. 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto, senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 c.p. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo, quindi, l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le -condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno.” (Sez. 2, Sentenza n. 16807 del 11/01/2019, Assane, Rv. 275814 – 01); pertanto, le eccezioni relative alla grossolanità della contraffazione sono manifestamente infondate; si può comunque osservare che la suddetta grossolanità era stata esclusa dalla Corte di appello con la motivazione contenuta a pagina 12 della sentenza impugnata, e i ricorsi propongono una inammissibile valutazione diversa da quelle effettuata dai giudici di merito.

2.2 Quanto al trattamento sanzionatorio, la censura è manifestamente infondata attesa la sua totale genericità.

3. Il ricorso proposto nell’interesse di D.D. è inammissibile.

3.1 Relativamente al primo motivo di ricorso, si richiama quanto detto al punto 1.1.

3.2 Quanto alla recidiva, la Corte di appello ha ritenuto che gli innumerevoli precedenti anche specifici a carico dell’imputato fossero indice di una maggiore pericolosità, così applicando correttamente al giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di recidiva facoltativa, è richiesta al giudice una specifica motivazione sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza della stessa e che tale dovere risulta adempiuto nel caso in cui, anche con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato.

4. Il ricorso proposto nell’interesse di E.E. deve essere dichiarato inammissibile alla luce di quanto osservato al punto 1.1.

2. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provveddmento che dichiara inammissibili i ricorsi, le parti private che li hanno proposti devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti;

P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa