CORTE GIUSTIZIA UE, sez. II, 02 marzo 2023, n. 432/21

Gli habitat e le specie minacciati fanno parte del patrimonio naturale dell’Unione europea, sicché l’adozione di misure di conservazione è responsabilità comune di tutti gli Stati membri. Nell’ambito della direttiva «habitat», che stabilisce norme complesse e tecniche nel settore del diritto ambientale, gli Stati membri sono particolarmente tenuti a fare in modo che la loro normativa destinata al recepimento di detta direttiva sia chiara e precisa.

Nella causa C-432/21,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 15 luglio 2021,

Commissione europea, rappresentata da M. Brauhoff, G. Gattinara, C. Hermes e D. Milanowska, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,

convenuta,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Prechal, presidente di sezione, M.L. Arastey Sahún (relatrice), F. Biltgen, N. Wahl e J. Passer, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che:

  • la Repubblica di Polonia, avendo introdotto nel sistema nazionale disposizioni in base alle quali la gestione delle foreste basata sulla buona pratica non viola alcuna disposizione riguardante la conservazione della natura ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7), come modificata dalla direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013 (GU 2013, L 158, pag. 193) (in prosieguo: la “direttiva “habitat””), nonché della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7), come modificata dalla direttiva 2013/17 (in prosieguo: la “direttiva “uccelli””), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, dell’articolo 6, paragrafo 2, dell’articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a d), dell’articolo 13, paragrafo 1, lettere a) e d), e dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva “habitat”, nonché dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 5, lettere a), b) e d), e dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”, e che
  • la Repubblica di Polonia, avendo escluso la possibilità per le organizzazioni che operano a favore della tutela dell’ambiente di impugnare in sede giurisdizionale i piani di gestione forestale, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, l’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la “Carta”), l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, sottoscritta ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione

2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1; in prosieguo: la “Convenzione di Aarhus”).

I. Contesto normativo

A. Diritto internazionale

2 L’articolo 6 della Convenzione di Aarhus, intitolato “Partecipazione del pubblico alle decisioni relative ad attività specifiche”, al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

“Ciascuna Parte:

  1. applica le disposizioni del presente articolo alle decisioni relative all’autorizzazione delle attività elencate nell’allegato I;
  2. in conformità del proprio diritto nazionale, applica inoltre le disposizioni del presente articolo alle decisioni relative ad attività non elencate nell’allegato I che possano avere effetti significativi sull’ambiente. A tal fine le Parti stabiliscono se l’attività proposta è soggetta a tali disposizioni; e
  3. può decidere caso per caso, ove previsto dal diritto nazionale, di non applicare le disposizioni del presente articolo ad attività proposte per scopi di difesa nazionale, qualora ritenga che la loro applicazione possa pregiudicare il conseguimento di tali scopi”.

3 L’articolo 9 di tale Convenzione, intitolato “Accesso alla giustizia”, è così formulato:

“(…)

2. Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato

  1. che vantino un interesse sufficiente, o in alternativa
  2. che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto, abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.

Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi della lettera b).

Le disposizioni del presente paragrafo non escludono la possibilità di esperire un ricorso preliminare dinanzi ad un’autorità amministrativa, né dispensano dall’obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo prima di avviare un procedimento giudiziario qualora tale obbligo sia previsto dal diritto nazionale.

  • In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.
  • Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. Le decisioni prese in virtù del presente articolo sono emanate o registrate per iscritto. Le decisioni degli organi giurisdizionali e, ove possibile, degli altri organi devono essere accessibili al pubblico.

(…)”.

B. Diritto dell’Unione

1. Direttiva “habitat”

4 L’articolo 1 della direttiva “habitat” prevede quanto segue:

“Ai fini della presente direttiva si intende per

a) Conservazione: un complesso di misure necessarie per mantenere o ripristinare gli habitat naturali e le popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche in uno stato soddisfacente ai sensi delle lettere e) e i). (…)

  • Sito: un’area geograficamente definita, la cui superficie sia chiaramente delimitata.
  • Sito di importanza comunitaria: un sito che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui all’allegato I o una specie di cui all’allegato II in uno stato di conservazione soddisfacente e che può inoltre contribuire in modo significativo alla coerenza di Natura 2000 di cui all’articolo 3, e/o che contribuisce in modo significativo al mantenimento della diversità biologica nella regione biogeografica o nelle regioni biogeografiche in questione.

Per le specie animali che occupano ampi territori, i siti di importanza comunitaria corrispondono ai luoghi, all’interno dell’area di ripartizione naturale di tali specie, che presentano gli elementi fisici o biologici essenziali alla loro vita e riproduzione.

  • Zona speciale di conservazione: un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato.

(…)”.

5 L’articolo 2 di tale direttiva è così formulato:

“1. Scopo della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato.

2. Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.

(…)”.

6 L’articolo 6 di detta direttiva così dispone:

“1. Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti.

  • Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.
  • Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.
  • Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”.

7 L’articolo 12, paragrafo 1, della medesima direttiva prevede quanto segue:

“Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di:

  1. qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale;
  2. perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione;
  3. distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell’ambiente naturale;
  4. deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo”.

8 Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva “habitat”:

“Gli Stati membri adottano i necessari provvedimenti atti ad istituire un regime di rigorosa tutela della specie vegetali di cui all’allegato IV, lettera b), con divieto di:

  1. raccogliere, nonché collezionare, tagliare, estirpare o distruggere deliberatamente esemplari delle suddette specie nell’ambiente naturale, nella loro area di ripartizione naturale;
  2. possedere, trasportare, commercializzare o scambiare e offrire a scopi commerciali o di scambio esemplari delle suddette specie, raccolti nell’ambiente naturale, salvo quelli legalmente raccolti prima della messa in applicazione della presente direttiva”.

9 L’articolo 16 della medesima direttiva così dispone:

“1. A condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale, gli Stati membri possono derogare alle disposizioni previste dagli articoli 12, 13, 14 e 15, lettere a) e b):

  1. per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali;
  2. per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà;
  3. nell’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente;
  4. per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante;
  5. per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all’allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti.

2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni due anni una relazione, conforme al modello elaborato dal comitato, sulle deroghe concesse a titolo del paragrafo 1. La Commissione comunica il suo parere su tali deroghe entro il termine massimo di dodici mesi dopo aver ricevuto la relazione e ne informa il comitato.

(…)”.

2. Direttiva “uccelli”

10 L’articolo 1 della direttiva “uccelli” è così formulato:

“1. La presente direttiva concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato. Essa si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie e ne disciplina lo sfruttamento.

2. La presente direttiva si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat”.

11 L’articolo 4 di tale direttiva così dispone:

“1. Per le specie elencate nell’allegato I sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione.

A tal fine si tiene conto:

  1. delle specie minacciate di sparizione;
  2. delle specie che possono essere danneggiate da talune modifiche del loro habitat;
  3. delle specie considerate rare in quanto la loro popolazione è scarsa o la loro ripartizione locale è limitata;
  4. di altre specie che richiedono una particolare attenzione per la specificità del loro habitat.

Per effettuare le valutazioni si terrà conto delle tendenze e delle variazioni dei livelli di popolazione.

Gli Stati membri classificano in particolare come zone di protezione speciale i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva.

2. Gli Stati membri adottano misure analoghe per le specie migratrici non menzionate all’allegato I che ritornano regolarmente, tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. (…)

(…)

4. Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative in considerazione degli obiettivi del presente articolo. Gli Stati membri cercano inoltre di prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione”.

12 L’articolo 5 di detta direttiva prevede quanto segue:

“Fatti salvi gli articoli 7 e 9, gli Stati membri adottano le misure necessarie per instaurare un regime generale di protezione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, che comprenda in particolare il divieto:

  1. di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo;
  2. di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di asportare i nidi;

(…)

d) di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva;

(…)”.

13 Ai sensi dell’articolo 9 della medesima direttiva:

“1. Sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono derogare agli articoli da 5 a 8 per le seguenti ragioni:

a)

  • nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica,
  • nell’interesse della sicurezza aerea,
  • per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque,
  • per la protezione della flora e della fauna;
  • ai fini della ricerca e dell’insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l’allevamento connesso a tali operazioni;
  • per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità.

2. Le deroghe di cui al paragrafo 1 devono menzionare:

  1. le specie che formano oggetto delle medesime;
  2. i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati;
  3. le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate;
  4. l’autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possano essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone;
  5. i controlli che saranno effettuati.

3. Gli Stati membri inviano ogni anno alla Commissione una relazione sull’applicazione dei paragrafi 1 e

2.

(…)”.

C. Diritto polacco

1. Legge sulle foreste

14 L’articolo 6, paragrafo 1, dell’ustawa o lasach (legge sulle foreste), del 28 settembre 1991 (Dz. U. del 1991, n. 101, posizione 444), nella sua versione consolidata (Dz. U. del 2018, posizione 2129) (in prosieguo: la “legge sulle foreste”), prevede quanto segue:

“I termini utilizzati nella legge sono i seguenti:

(…)

6) piano di gestione forestale – il documento di base della gestione forestale preparato per un sito specifico, contenente una descrizione e una valutazione dello stato della foresta, nonché gli obiettivi, i compiti e i metodi di gestione forestale;

(…)”.

15 L’articolo 14b di tale legge, introdotto il 1° gennaio 2017 dall’articolo 2 dell’ustawa o zmianie ustawy o ochronie przyrody oraz ustawy o lasach (legge recante modifica della legge relativa alla tutela della natura e della legge sulle foreste), del 16 dicembre 2016 (Dz. U. del 2016, posizione 2249), è così formulato:

“1. I proprietari forestali attuano gli obiettivi e i principi di gestione forestale indicati nella legge, in particolare adempiono agli obblighi previsti all’articolo 9, paragrafo 1, all’articolo 13, paragrafo 1, e all’articolo 14, paragrafo 4, secondo le modalità da essi stabilite, a meno che le modalità di adempimento di un determinato obbligo non siano state stabilite dalla legge.

(…)

3. La gestione forestale eseguita in conformità ai requisiti di buona pratica in materia di gestione forestale non viola le disposizioni riguardanti la conservazione di risorse, formazioni e componenti naturali particolari, segnatamente le disposizioni dell’articolo 51 e dell’articolo 52 [dell’ustawa o ochronie przyrody (legge relativa alla tutela della natura), del 16 aprile 2004 (versione consolidata Dz. U. del 2018, posizione 1614) (in prosieguo: la “legge relativa alla tutela della natura”)]”.

16 L’articolo 22 della legge sulle foreste così dispone:

“1. Il Ministro dell’Ambiente approva un piano di gestione forestale per le foreste di proprietà dell’Erario e piani di gestione forestale semplificati per le foreste che fanno parte delle risorse della proprietà agricola dell’Erario.

(…)

4. Il Ministro dell’Ambiente supervisiona l’esecuzione dei piani di gestione forestale per le foreste di proprietà dell’Erario e l’esecuzione dei piani di gestione forestale semplificati per le foreste che fanno parte delle risorse della proprietà agricola dell’Erario.

(…)”.

2. Regolamento relativo ai requisiti di buona pratica

  1. I requisiti di buona pratica di gestione forestale sono previsti nel rozporządzenie Ministra Środowiska w sprawie wymagań dobrej praktyki w zakresie gospodarki leśnej (regolamento del Ministro dell’Ambiente relativo ai requisiti di buona pratica di gestione forestale), del 18 dicembre 2017 (Dz. U. del 2017, posizione 2408) (in prosieguo: il “regolamento relativo ai requisiti di buona pratica”).
  2. Il paragrafo 1 di tale regolamento prevede quanto segue:

“Sono definiti i seguenti requisiti in materia di buona pratica di gestione forestale:

  1. prima dei lavori di gestione forestale deve essere effettuata un’ispezione sul campo nella sezione forestale o nella porzione di terreno in cui sono previste le operazioni, al fine di verificare la presenza di specie protette o di siti potenziali per la loro presenza;
  2. prima di eseguire lavori di gestione forestale, i siti in cui si trovano specie protette e i luoghi importanti per le specie protette che devono essere preservati devono essere temporaneamente contrassegnati oppure si deve assicurare in altro modo che tali siti e tali luoghi siano conosciuti dall’esecutore dei lavori;
  3. se la presenza di siti di specie protette o di siti potenziali di specie protette emerge durante i lavori, i punti 1 e 2 sono applicati mutatis mutandis, comprendendo, all’occorrenza, la modifica immediata delle modalità di esecuzione dei lavori e, se necessario, misure adeguate per ridurre al minimo o compensare i danni causati;
  4. sugli argini degli specchi d’acqua e dei corsi d’acqua, a meno di 10 metri dalla riva, si devono lasciare: i tronchi degli alberi caduti, i cespugli e i grossi sassi, al fine di facilitare l’accesso all’acqua e la migrazione degli animali;
  5. durante il periodo di riproduzione degli uccelli non devono essere abbattuti gli alberi sui quali sono stati identificati uccelli nidificanti;
  6. gli alberi cavi devono essere lasciati fino alla loro decomposizione naturale;
  7. gli alberi morti vengono lasciati in modo tale da garantire la continuità del legno morto, tuttavia la quantità di legno morto non deve porre, in particolare, rischi di incendio o di agenti biotici nocivi;
  8. le enclavi nella foresta, comprese le radure e i prati in cui siano stati individuati siti di specie protette associati ad aree aperte, sono mantenute in uno stato non deteriorato mediante la rimozione di alberi e arbusti, se necessario, e mediante lo sfalcio con eliminazione della biomassa;
  9. i corpi idrici e i corsi d’acqua in ambiente forestale sono lasciati nel loro stato naturale o, in casi particolari, in uno stato prossimo a quello naturale;
  10. i letti dei corsi d’acqua non devono essere utilizzati per il trasporto del legname;
  11. la pianificazione e l’attuazione delle attività di gestione forestale tengono conto della necessità di preservare la diversità delle fasi di sviluppo dei popolamenti forestali a livello del paesaggio;
  12. si raccomanda di garantire la presenza, nei popolamenti di alberi, delle specie di successione precoce, in particolare la betulla, il tremolo e il salicone. Una quota delle suddette specie superiore al 10% dipende dalla decisione del proprietario della foresta, tenendo conto di criteri naturali, sociali ed economici;
  13. la riforestazione e l’imboschimento devono tener conto:
  14. delle condizioni naturali regionali,
  15. della regionalizzazione delle sementi ai sensi della legislazione sui materiali forestali di moltiplicazione,
  16. delle condizioni dell’habitat e dello stato dell’ambiente naturale;
  17. prima di effettuare i tagli di rinnovazione, è necessario scegliere il tipo di taglio in funzione del metodo di rigenerazione previsto: naturale o artificiale;
  18. la rigenerazione naturale è utilizzata laddove l’insieme di alberi originario, a partire dal quale deve essere eseguita l’autofecondazione, sia di alta qualità e sia costituito da specie desiderabili nel medesimo sito, laddove le condizioni dell’habitat consentano di ottenere una rigenerazione naturale e laddove tale rigenerazione garantisca più del 50% di superficie coltivabile e la stabilità del popolamento;
  19. nei popolamenti maturi per la rigenerazione, gestiti con tagli a raso di più di 1 ettaro, i residui di vecchi alberi devono essere lasciati allo stato naturale e non devono occupare più del 5% della superficie del taglio a raso;
  20. il taglio a raso non deve essere praticato direttamente sulle sorgenti, sui fiumi, sui laghi, sulle torbiere e sui tratti a monte dei corsi d’acqua, nonché sui luoghi di memoria nazionale e di culto religioso; in tali luoghi, si raccomanda di lasciar sussistere zone naturali di ecotone o di crearne, in particolare piantando arbusti, se assenti, e avendo cura di essi;
  21. qualora le misure tecniche da attuare durante le operazioni di manutenzione, raccolta e abbattimento lo richiedano, nei popolamenti vengono stabiliti percorsi di gestione in forma di strisce di superficie forestale priva di alberi e arbusti, la cui larghezza e la cui distanza devono consentire lo svolgimento delle operazioni di mantenimento, di raccolta e di abbattimento;
  22. i metodi chimici di protezione delle foreste possono essere utilizzati solo laddove sia impossibile o irragionevole utilizzare altri metodi, tenendo sempre conto della sicurezza delle persone, degli animali e dell’ambiente nella scelta dei prodotti fitosanitari”.

3. Legge relativa alla tutela della natura

  1. Gli articoli da 48 a 50 della legge relativa alla tutela della natura prevedono che il Ministro dell’Ambiente, agendo di concerto con il Ministro dell’Agricoltura, determina mediante regolamento, in particolare, le specie vegetali, animali e fungine protette, i divieti che le riguardano, nonché i metodi di loro tutela.
  2. Gli articoli 51 e 52 di tale legge stabiliscono i possibili divieti riguardanti le specie animali e vegetali protette.
  3. L’articolo 56 di detta legge prevede la possibilità, per le autorità competenti, di autorizzare le attività oggetto dei divieti di cui agli articoli 51 e 52 della medesima legge.

4. Legge relativa all’informazione sull’ambiente

22 L’articolo 44 dell’ustawa o udostępnianiu informacji o środowisku i jego ochronie, udziale społeczeństwa w ochronie środowiska oraz o ocenach oddziaływania na środowisko (legge relativa all’informazione sull’ambiente e alla sua tutela, alla partecipazione del pubblico alla tutela dell’ambiente e agli studi di impatto ambientale), del 3 ottobre 2008 (versione consolidata Dz. U. del 2018, posizione 2018) (in prosieguo: la “legge relativa all’informazione sull’ambiente”), conferisce alle organizzazioni ambientaliste il diritto di partecipare a un procedimento che richiede la partecipazione del pubblico, il diritto di proporre ricorso amministrativo avverso una decisione adottata nell’ambito di un procedimento che richiede la partecipazione del pubblico, nonché il diritto di presentare ricorso dinanzi al tribunale amministrativo avverso una siffatta decisione.

5. Legge sulla tutela dell’ambiente

23 Ai sensi dell’articolo 323 dell’ustawa – Prawo ochrony środowiska (legge sulla tutela dell’ambiente), del 27 aprile 2001 (versione consolidata Dz. U. del 2019, posizione 1396) (in prosieguo: la “legge sulla tutela dell’ambiente”):

“1. Qualsiasi persona che sia direttamente minacciata di subire un danno o che abbia subito un pregiudizio a causa di una lesione illegittima dell’ambiente può chiedere all’entità responsabile della minaccia o della lesione di ripristinare il legittimo stato di fatto e di adottare misure preventive, in particolare predisponendo impianti o attrezzature volti a impedire la minaccia o la lesione; qualora ciò sia impossibile o eccessivamente difficile, tale persona può richiedere la cessazione dell’attività all’origine della minaccia o della lesione.

2. Quando la minaccia o la lesione riguardano l’ambiente in quanto bene comune, la domanda di cui al paragrafo 1 può essere presentata dall’Erario, da un’unità del governo locale, nonché da un’organizzazione ambientalista”.

II. Procedimento precontenzioso

  • Il 20 dicembre 2011 la Commissione ha avviato un procedimento EU Pilot [fascicolo EUP(2011) 2856] e ha chiesto alle autorità polacche chiarimenti sull’esenzione, prevista dalla normativa polacca, dagli obblighi stabiliti dalle direttive “habitat” e “uccelli” per quanto riguarda le operazioni in materia di gestione forestale. In considerazione delle soluzioni proposte da tali autorità, la Commissione ha deciso di chiudere il procedimento EU Pilot.
  • Tenendo conto delle informazioni e delle denunce che le sono state successivamente presentate, la Commissione ha ritenuto che la violazione del diritto dell’Unione fosse dimostrata. Inoltre, essa ha rilevato che il diritto polacco non assicurava alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente la possibilità di contestare i piani di gestione forestale in sede amministrativa e giurisdizionale, violando così l’obbligo di garantire la tutela giurisdizionale dei diritti conferiti a tali organizzazioni dalle direttive “habitat” e “uccelli”.
  • Il 20 luglio 2018 la Commissione ha inviato alla Repubblica di Polonia una lettera di diffida, in cui ha sostenuto, in primo luogo, che la Repubblica di Polonia, introducendo nel sistema nazionale disposizioni in base alle quali la gestione forestale basata sui requisiti di buona pratica non viola nessuna disposizione riguardante la conservazione della natura ai sensi delle direttive “uccelli” e “habitat”, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a d), dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva “habitat”, nonché dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 5, lettere a), b) e d), e dell’articolo 9 della direttiva “uccelli”. In secondo luogo, detta istituzione ha sostenuto che la Repubblica di Polonia, impedendo alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente di impugnare in sede giurisdizionale i piani di gestione forestale che possono avere un’incidenza significativa su un sito N. 2000 e, di conseguenza, escludendo dalla tutela giurisdizionale effettiva i diritti di tali organizzazioni derivanti dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat” e riguardanti tali piani, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, l’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, l’articolo 47 della Carta, nonché l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus.
  • Il 20 settembre 2018 la Repubblica di Polonia ha risposto a tale lettera di diffida.
  • Il 26 luglio 2019 la Commissione ha emesso un parere motivato, ricevuto lo stesso giorno dalla Repubblica di Polonia, nel quale tale istituzione ha confermato gli addebiti formulati nella lettera di diffida, chiedendo al contempo alla Repubblica di Polonia di adottare, entro il termine di due mesi a decorrere dal ricevimento di detto parere motivato, le misure necessarie per conformarsi allo stesso.
  • Il 26 settembre 2019 la Repubblica di Polonia ha risposto al parere motivato, contestando gli inadempimenti dedotti dalla Commissione e annunciando al contempo, per quanto riguarda la prima censura sollevata da quest’ultima, la futura adozione di nuove disposizioni destinate a chiarire lo stato della legislazione in vigore.
  • Non essendo soddisfatta di tale risposta, la Commissione ha deciso di proporre il ricorso di cui

trattasi.

III. Procedimento dinanzi alla Corte

  • Con lettera del 7 luglio 2022 la Commissione, in risposta ai quesiti posti dalla Corte, ha informato quest’ultima che la menzione, nelle conclusioni contenute nel dispositivo del ricorso nella versione in lingua processuale e relative alla sua prima censura, dell’articolo 13, paragrafo 1, lettere a) e d), della direttiva “habitat”, nonché dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva “uccelli” era dovuta esclusivamente a un errore materiale e ha rettificato tali conclusioni nel senso che esse dovrebbero fare riferimento non già a tali disposizioni, bensì, rispettivamente, all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), della direttiva “habitat” e all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”.
  • A tal riguardo, occorre ricordare che l’oggetto del ricorso proposto ai sensi dell’articolo 258 TFUE è circoscritto dal procedimento precontenzioso previsto da tale disposizione e che, di conseguenza, il parere motivato della Commissione e il ricorso devono essere fondati su identici addebiti (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2016, Commissione/Cipro, C-515/14, EU:C:2016:30, punto 12).
  • Tale requisito risponde alla finalità del procedimento precontenzioso che, secondo una giurisprudenza consolidata, consiste nell’offrire allo Stato membro interessato l’opportunità, da un lato, di conformarsi ai suoi obblighi derivanti dal diritto dell’Unione e, dall’altro, di sviluppare un’utile difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione [v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2022, Commissione/Regno Unito (Lotta contro la frode da sottovalutazione), C-213/19, EU:C:2022:167, punto 131 e giurisprudenza ivi citata].
  • Nel caso di specie occorre constatare, da un lato, che la Commissione, tanto nella lettera di diffida e nel parere motivato quanto nell’argomentazione sviluppata nel suo ricorso, ha fatto riferimento, in modo costante, all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), della direttiva “habitat” e all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”, senza richiamare le disposizioni erronee menzionate nelle conclusioni del ricorso nella sua versione in lingua processuale. D’altro lato, tale menzione non ha affatto indotto in errore la Repubblica di Polonia poiché detto Stato membro, sia nel suo controricorso che nella sua controreplica, ha fatto riferimento, in modo coerente, all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), della direttiva “habitat” e all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”.
  • Ne consegue che la Repubblica di Polonia è stata manifestamente in grado di far valere pienamente i suoi mezzi difensivi nei confronti degli addebiti formulati dalla Commissione, e ciò tanto nell’ambito del procedimento precontenzioso quanto nel contesto del ricorso di cui trattasi, senza che gli errori materiali rilevati al punto 31 della presente sentenza abbiano pregiudicato in alcun modo i diritti della difesa del citato Stato membro.
  • Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve dichiarare che la prima censura contenuta nel ricorso della Commissione deve essere letta nel senso che essa riguarda l’articolo 6, paragrafi 1 e 2, l’articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a d), l’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), e l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva “habitat”, nonché l’articolo 4, paragrafo 1, l’articolo 5, lettere a), b) e d), e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”.

IV. Sul ricorso

A. Sulla prima censura

1. Sulla violazione delle disposizioni relative alla tutela delle specie

a) Argomenti delle parti

  • Con la sua prima censura la Commissione sostiene, in sostanza, che l’introduzione, nel diritto polacco, di una disposizione secondo la quale la gestione forestale esercitata in base ai requisiti di buona pratica forestali non viola nessuna disposizione relativa alla conservazione della natura rientrante nell’ambito delle prescrizioni previste dalle direttive “uccelli” e “habitat” costituisce una trasposizione non corretta delle predette disposizioni di tali direttive.
  • Per quanto riguarda la tutela delle specie, la Commissione ricorda, nel suo ricorso, che gli articoli 12 e 13 della direttiva “habitat” e l’articolo 5 della direttiva “uccelli” prevedono l’obbligo di istituire regimi di rigorosa tutela per le specie animali elencate nell’allegato IV, lettera a), della direttiva “habitat” e per le specie vegetali elencate nell’allegato IV, lettera b), di tale direttiva, nonché l’obbligo di proteggere gli uccelli selvatici, in conformità alla direttiva “uccelli”. Inoltre, se è vero che l’articolo 16 della direttiva “habitat” e l’articolo 9 della direttiva “uccelli” consentono di derogare a detti obblighi, tali deroghe, secondo la giurisprudenza della Corte, dovrebbero essere interpretate restrittivamente.
  • Orbene, la Commissione ritiene che la normativa polacca non soddisfi i requisiti di una corretta trasposizione e non fornisca un quadro giuridico per un sistema coerente di divieti e di deroghe, conforme alle citate disposizioni delle due direttive in parola.
  • A tal riguardo, per quanto concerne l’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste, il quale dispone che la gestione forestale eseguita in conformità ai requisiti di buona pratica forestale non viola le disposizioni della legge relativa alla tutela della natura, la Commissione sottolinea, segnatamente, che il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica non prevede la condizione, stabilita all’articolo 1 6 , paragrafo 1, della direttiva “habitat”, secondo la quale l’attività non deve pregiudicare “il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”.
  • In tale contesto, la Commissione sostiene che il regolamento in parola non prevede alcun divieto o obbligo di cessare i lavori di gestione forestale in tali siti in caso di scoperta di specie protette.
  • Inoltre, contrariamente a quanto richiesto dall’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva “habitat” e dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”, il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica non prevedrebbe che una deroga alle norme sulla tutela delle specie sia possibile solo se non esiste “un’altra soluzione valida”.
  • Tale regolamento non prevedrebbe neppure alcun obbligo di applicare uno dei motivi di deroga

enunciati all’articolo 16 della direttiva “habitat” o all’articolo 9 della direttiva “uccelli”.

  • A questo proposito, la Commissione ricorda che secondo la giurisprudenza della Corte, per quanto riguarda i divieti previsti all’articolo 12, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva “habitat”, il requisito dell’intenzionalità della cattura o dell’uccisione di esemplari di tali specie previste dalla disposizione in parola è altresì soddisfatto quando l’autore dell’atto ha solo accettato la possibilità di una tale cattura o uccisione (v., in tal senso, sentenza del 4 marzo 2021, F.S.S., C-473/19 e C-474/19, EU:C:2021:166, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). Un’analoga constatazione varrebbe per quanto riguarda l’articolo 5, lettere b) e d), della direttiva “uccelli”.
  • La Commissione fa riferimento, per di più, alla lettera del direttore generale delle foreste dello Stato, del 6 marzo 2018, indirizzata ai direttori delle direzioni regionali delle foreste dello Stato, in cui tale direttore generale ha constatato che, sebbene l’applicazione delle disposizioni del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica sia volontaria, resta il fatto che, in caso di operazioni contrarie a dette disposizioni, il proprietario forestale deve, nondimeno, ottenere ogni volta una deroga, ossia il consenso dell’autorità competente in materia di conservazione della natura, al fine di svolgere le operazioni di cui trattasi. A parere della Commissione, tale lettera conferma che l’obiettivo perseguito dall’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste è quello di stabilire un’esenzione generale dall’obbligo di chiedere deroghe individuali.
  • Nel suo controricorso la Repubblica di Polonia replica che, in conformità agli articoli da 48 a 50 della legge relativa alla tutela della natura, il Ministro dell’Ambiente definisce, mediante regolamento, le specie vegetali, animali e fungine rientranti nelle diverse categorie di tutela, le quali richiedono di determinare zone di protezione dei loro rifugi o dei loro siti (e, per quanto riguarda gli animali, anche dei loro siti di riproduzione o di presenza regolare) e che sono, ai sensi di tale legge, protette tramite divieti adeguati, previsti agli articoli 51 e 52 della legge in parola. In applicazione di tali disposizioni, le specie di particolare valore sarebbero protette in conformità ai rispettivi regolamenti del Ministro dell’Ambiente in materia di tutela delle specie.
  • L’introduzione nell’ordinamento giuridico polacco dei requisiti di buona pratica in materia di gestione forestale non avrebbe modificato i principi derivanti dagli articoli da 48 a 50 della legge relativa alla tutela della natura e dai regolamenti di esecuzione che prevedono i divieti relativi a specie rigorosamente protette.
  • Per quanto riguarda il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica, esso dovrebbe essere analizzato nel contesto delle disposizioni della legge relativa all’informazione sull’ambiente, nonché dell’ustawa o zapobieganiu szkodom w środowisku i ich naprawie (legge sulla prevenzione e sulla riparazione dei danni ambientali), del 13 aprile 2007 (versione consolidata, Dz. U. del 2020, posizione 2187) (in prosieguo: la “legge sulla prevenzione e sulla riparazione dei danni ambientali”). Orbene, l’obbligo di mantenere, in uno stato di conservazione soddisfacente, le popolazioni delle specie deriverebbe dalle disposizioni di dette leggi. Pertanto, il fatto che il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica non preveda expressis verbis la condizione secondo la quale l’attività di cui trattasi non deve pregiudicare “il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie (…) nella sua area di ripartizione naturale” non lo renderebbe contrario alle rilevanti disposizioni delle direttive “habitat” e “uccelli”.
  • L’argomento della Commissione secondo cui il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica non prevede alcun obbligo di cessare i lavori di gestione forestale nei siti in questione sarebbe contraddetto dalla formulazione del paragrafo 1, punto 3, di tale regolamento.
  • In caso di individuazione di siti di specie protette, il proprietario della foresta sarebbe tenuto a modificare le operazioni di gestione forestale applicando misure di limitazione, in modo da evitare l’uccisione, la distruzione o la perturbazione deliberate. Il proprietario della foresta, qualora intenda effettuare operazioni di gestione forestale in una zona in cui sia stato individuato il sito di una specie protetta, dovrebbe ottenere una deroga individuale in conformità alle condizioni generali risultanti dall’articolo 56 della legge relativa alla tutela della natura, condizioni che rispecchiano quelle previste all’articolo 16 della direttiva “habitat” e all’articolo 9 della direttiva “uccelli”.
  • La Repubblica di Polonia sostiene altresì che il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica prevede una tutela delle specie aggiuntiva rispetto a quella prevista nelle disposizioni legislative generali. Infatti, sarebbe possibile che un esemplare di una specie protetta si stabilisca in un nuovo luogo di vita dopo l’elaborazione del piano dei compiti di conservazione di uno specifico sito N. 2000. In un caso del genere, grazie alle visite sul campo, il proprietario della foresta potrebbe evitare persino gli effetti pregiudizievoli non intenzionali.
  • Dato che l’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste non deroga alle disposizioni delle direttive che stabiliscono gli obblighi in materia di tutela delle specie, non sarebbe necessario che il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica contenga le condizioni e gli elementi elencati all’articolo 16 della direttiva “habitat” e all’articolo 9 della direttiva “uccelli”.
  • Per quanto riguarda la lettera del direttore generale delle foreste dello Stato, del 6 marzo 2018, richiamata dalla Commissione, la Repubblica di Polonia afferma che tale lettera non contiene un’interpretazione vincolante dell’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste.
  • In risposta all’argomento della Commissione fondato sulla sentenza del 4 marzo 2021, F.S.S. (C-473/19 e C-474/19, EU:C:2021:166), tale Stato membro replica che le operazioni di gestione forestale in senso stretto non sono operazioni consistenti nel distruggere o nell’uccidere deliberatamente esemplari di specie protette.
  • Inoltre, la Commissione non avrebbe dimostrato che l’autorità che ha adottato il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica abbia voluto la cattura o l’uccisione di un esemplare di una specie animale protetta o, quantomeno, abbia accettato la possibilità di una siffatta cattura o uccisione.
  • Nella sua replica la Commissione rileva che l’argomento della Repubblica di Polonia secondo il quale il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica è applicato e deve essere analizzato unitamente alle disposizioni delle rispettive leggi in materia ambientale non trova fondamento né nelle disposizioni di tale regolamento, né nella prassi relativa alla sua applicazione.
  • Per quanto riguarda la possibilità di modificare i lavori di gestione forestale, richiamata dalla Repubblica di Polonia, la Commissione osserva che il fatto di cambiare le modalità di esecuzione dei lavori qualora talune specie protette siano individuate nella zona di cui trattasi non assicura che tali attività non provocheranno perturbazioni o non causeranno la morte di esemplari di tali specie protette.
  • In risposta all’argomento della Repubblica di Polonia relativo alla sentenza del 4 marzo 2021, F.S.S. (C-473/19 et C-474/19, EU:C:2021:166), la Commissione sostiene che gli operatori che svolgono attività di gestione forestale possono essere consapevoli dell’esistenza di un rischio di distruzione degli habitat o delle specie e possono accettare tale rischio.
  • Nella sua controreplica la Repubblica di Polonia ribadisce che è sulla base degli articoli da 48 a 50 della legge relativa alla tutela della natura che il Ministro dell’Ambiente ha stabilito divieti per talune specie. Orbene, dal momento che l’articolo 14b della legge sulle foreste non fa riferimento alle citate disposizioni della legge relativa alla tutela della natura, non si potrebbe sostenere che la Repubblica di Polonia abbia violato i divieti previsti agli articoli 12 e 13 della direttiva “habitat” e all’articolo 5 della direttiva “uccelli”.
  • Inoltre, nessuna disposizione del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica prevedrebbe una deroga ai divieti previsti agli articoli 12 e 13 della direttiva “habitat” o all’articolo 5 della direttiva “uccelli”. Pertanto, non sarebbe necessario che tale regolamento enunci i requisiti derivanti dall’articolo 16 della direttiva “habitat” e dall’articolo 9 della direttiva “uccelli”.
  • Tale Stato membro ritiene che la Commissione interpreti il requisito relativo alla modifica dei lavori in modo eccessivamente generico e scorretto, presentandolo come un requisito che può condurre a perturbazioni o alla distruzione di un sito di riproduzione o di un’area di riposo.
  • La Repubblica di Polonia aggiunge che esistono diversi modi di modificare i lavori, che dipendono in gran parte dall’ubicazione, dalle condizioni del sito, dalla durata dei lavori, dalla composizione delle specie, dalla copertura forestale e, soprattutto, dall’oggetto della tutela e dalla biologia della specie di cui trattasi.
  • Per quanto riguarda la sentenza del 4 marzo 2021, F.S.S. (C-473/19 e C-474/19, EU:C:2021:166), la Repubblica di Polonia afferma, da un lato, che le operazioni di gestione forestale non costituiscono atti di uccisione o di cattura deliberate, ai sensi di tale sentenza. D’altro lato, in conformità al paragrafo 1, punto 3, del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica, se un proprietario forestale identifica, segnatamente nell’ambito dell’ispezione di un terreno, una specie protetta, egli sarebbe tenuto ad adottare misure per modificare le sue operazioni iniziali, in modo da non permettere la cattura o l’uccisione deliberate. Tali modalità sarebbero conformi a detta sentenza.

b) Giudizio della Corte

  • Per quanto riguarda, in primo luogo, la direttiva “habitat”, occorre ricordare che l’articolo 12, paragrafo 1, di quest’ultima impone agli Stati membri di adottare i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui a tale disposizione, nella loro area di ripartizione naturale, vietando le attività elencate da detta disposizione ai suoi punti da a) a d).
  • Più specificamente, l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva “habitat” dispone, alla lettera a), il divieto di qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale, alla lettera b), il divieto di perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione, alla lettera c), il divieto di distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell’ambiente naturale e, alla lettera d), il divieto di deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo.
  • L’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva prevede, dal canto suo, che gli Stati membri adottino i necessari provvedimenti atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie vegetali di cui a tale disposizione, con divieto di raccogliere, nonché collezionare, tagliare, estirpare o distruggere deliberatamente esemplari delle suddette specie nell’ambiente naturale, nella loro area di ripartizione naturale.
  • Al contempo, l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva “habitat” stabilisce che, a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale, gli Stati membri possono derogare alle disposizioni previste, in particolare, dagli articoli 12 e 13 di tale direttiva, nei casi elencati ai punti da a) a e) di detto articolo 16, paragrafo 1.
  • Per quanto riguarda, in secondo luogo, la direttiva “uccelli”, il suo articolo 5 prevede che, fatti salvi gli articoli 7 e 9 di tale direttiva, gli Stati membri adottino le misure necessarie per instaurare un regime generale di protezione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1 di detta direttiva, che comprenda, in particolare, il divieto delle attività elencate ai punti da a) a e) del citato articolo 5.
  • Più specificamente, detto articolo 5 della direttiva “uccelli” prevede, alla lettera a), il divieto di uccidere gli uccelli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo, alla lettera b), il divieto di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di asportare i nidi e, alla lettera d), il divieto di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi di tale direttiva.
  • Al contempo, in conformità all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”, sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono derogare agli articoli da 5 a 8 di quest’ultima per le ragioni indicate nella prima disposizione in parola.
  • Per quanto concerne la direttiva “habitat”, da un lato, la Corte ha dichiarato che gli articoli 12, 13 e 16 della stessa formano un complesso coerente di norme volte alla tutela delle popolazioni delle specie interessate, di modo che ogni deroga incompatibile con tale direttiva costituirebbe una violazione sia dei divieti posti dagli articoli 12 o 13 di essa, sia della norma secondo cui le deroghe possono essere consentite in conformità all’articolo 16 della stessa direttiva (sentenza del 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito, C-6/04, EU:C:2005:626, punto 112).
  • Per di più la Corte, dopo aver sottolineato che gli habitat e le specie minacciati fanno parte del patrimonio naturale dell’Unione europea, sicché l’adozione di misure di conservazione è responsabilità comune di tutti gli Stati membri, ha precisato che, nell’ambito di tale direttiva, che stabilisce norme complesse e tecniche nel settore del diritto ambientale, gli Stati membri sono particolarmente tenuti a fare in modo che la loro normativa destinata al recepimento di detta direttiva sia chiara e precisa (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2012, Commissione/Polonia, C-46/11, non pubblicata, EU:C:2012:146, punti 26 e 27 nonché giurisprudenza ivi citata).
  • D’altro lato, per quanto concerne la direttiva “uccelli”, la Corte ha dichiarato che i criteri in base ai quali gli Stati membri possono derogare ai divieti previsti da tale direttiva devono essere contenuti in disposizioni nazionali sufficientemente chiare e precise, dato che l’esattezza della trasposizione assume un’importanza particolare in una materia in cui la gestione del patrimonio comune è affidata, per territorio rispettivo, a ciascuno degli Stati membri (sentenza del 26 gennaio 2012, Commissione/Polonia, C-192/11, non pubblicata, EU:C:2012:44, punto 56).
  • Nella presente causa occorre osservare che, ai sensi dell’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste, la gestione forestale eseguita in conformità ai requisiti di buona pratica in materia di gestione forestale non viola le disposizioni riguardanti la conservazione di risorse, formazioni e componenti naturali particolari, e segnatamente le disposizioni dell’articolo 51 e dell’articolo 52 della legge relativa alla tutela della natura.
  • Orbene, detta legge relativa alla tutela della natura traspone, nell’ordinamento giuridico polacco, le disposizioni delle direttive “habitat” e “uccelli”. Più specificamente, le disposizioni degli articoli 51 e 52 di tale legge prevedono divieti riguardanti le specie animali e vegetali protette e, secondo la Repubblica di Polonia, sono state adottate, in particolare, ai fini dell’attuazione degli articoli 12 e 13 della direttiva “habitat” nonché dell’articolo 5 della direttiva “uccelli”.
  • A tal riguardo, occorre constatare che l’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste è redatto in termini generali ed ha una portata molto ampia. Infatti tale disposizione, secondo la sua stessa formulazione, istituisce una presunzione in base alla quale la gestione forestale eseguita in conformità al paragrafo 1 del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica non viola, in particolare, detti articoli 51 e 52. In tali circostanze essa equivale a consentire, fatto salvo il rispetto di detti requisiti, che si deroghi, in via generale, alle disposizioni di diritto interno che attuano gli articoli 12 e 13 della direttiva “habitat” e l’articolo 5 della direttiva “uccelli”, ai fini delle operazioni svolte nell’ambito di una siffatta gestione forestale, qualora tali operazioni implichino atti vietati da queste ultime disposizioni.
  • Per quanto riguarda l’affermazione della Repubblica di Polonia secondo cui la gestione forestale non comprende operazioni che implichino siffatti atti vietati, si deve necessariamente constatare che l’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste è idoneo ad autorizzare le operazioni di gestione forestale in generale, anche laddove esse possano implicare atti vietati in forza delle disposizioni nazionali che danno attuazione agli articoli 12 e 13 della direttiva “habitat” nonché all’articolo 5 della direttiva “uccelli”, e, in particolare, quelli consistenti nel distruggere o nell’uccidere deliberatamente esemplari di specie protette.
  • A tal riguardo, la Corte ha già dichiarato che i divieti dell’articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), della direttiva “habitat” possono applicarsi a un’attività, come la silvicoltura, il cui scopo sia chiaramente diverso dalla cattura o dall’uccisione, dalla perturbazione di specie animali o dalla distruzione o raccolta deliberata di uova (sentenza del 4 marzo 2021, F.S.S., C-473/19 e C-474/19, EU:C:2021:166, punto 53).
  • L’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste può, di conseguenza, essere interpretato e applicato dalle autorità nazionali come una deroga all’insieme delle disposizioni polacche che traspongono le disposizioni delle direttive “habitat” e “uccelli”, e in particolare a quelle che danno attuazione agli articoli 12 e 13 della direttiva “habitat” nonché all’articolo 5 della direttiva “uccelli”.
  • Occorre poi constatare che l’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste, nonché il paragrafo 1 del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica, non corrispondono alle condizioni, previste all’articolo 16 della direttiva “habitat” e all’articolo 9 della direttiva “uccelli”, che gli Stati membri che intendono derogare, in particolare, agli articoli 12 e 13 della direttiva “habitat” e all’articolo 5 della direttiva “uccelli” devono soddisfare.
  • Infatti, il confronto tra, da un lato, il tenore letterale del paragrafo 1 del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica, che elenca tali requisiti, e, dall’altro, i casi in cui gli Stati membri possono derogare alle disposizioni delle direttive “habitat” e “uccelli”, in conformità all’articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a e), della direttiva “habitat” e all’articolo 9, paragrafo 1, lettere da a) a c), della direttiva “uccelli”, consente di constatare che detti requisiti non corrispondono ai suddetti casi previsti dalle due direttive in parola.
  • A tal riguardo, la condizione, prevista all’articolo 16 della direttiva “habitat”, che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale, non compare nel regolamento relativo ai requisiti di buona pratica, senza che, ai fini di quest’ultima constatazione, sia rilevante sapere se il rispetto di tutti i requisiti in parola consenta o meno di mantenere le specie interessate in uno stato di conservazione soddisfacente, come sembra affermare, in sostanza, la Repubblica di Polonia. Parimenti, la condizione, stabilita all’articolo 9 della direttiva “uccelli”, che prevede che non vi sia un’altra soluzione soddisfacente, non è menzionata dalle disposizioni di detto regolamento.
  • Inoltre, come correttamente sottolineato dalla Commissione, il paragrafo 1 del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica non contiene alcun riferimento ai motivi di deroga indicati all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva “habitat” e all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”.
  • Infine, sebbene la Repubblica di Polonia sostenga altresì che altre disposizioni legislative polacche consentirebbero di soddisfare le condizioni di deroga previste all’articolo 16 della direttiva “habitat” e all’articolo 9 della direttiva “uccelli”, resta tuttavia il fatto che, anche ammettendo che tale circostanza sia dimostrata, esisterebbe, in un caso del genere, una contraddizione tra, da un lato, la deroga generale prevista all’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste e, dall’altro, tali altre disposizioni legislative asseritamente applicabili.
  • Orbene, una contraddizione tra le diverse disposizioni nazionali non solo implica una violazione del principio della certezza del diritto, ma è anche tale da indurre in errore le autorità amministrative incaricate dell’attuazione delle disposizioni di una direttiva dell’Unione riguardanti le modalità di applicazione del regime di tutela (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2012, Commissione/Polonia, C-192/11, non pubblicata, EU:C:2012:44, punto 58).
  • L’effettività di tale rischio risulta peraltro essersi palesata nel caso di specie, come emerge dalla lettera del direttore generale delle foreste dello Stato, del 6 marzo 2018, indirizzata ai direttori delle direzioni regionali delle foreste dello Stato e richiamata dalla Commissione, da cui risulta che tale direttore generale partiva dalla premessa che il proprietario forestale non sia tenuto a ottenere una deroga per operazioni forestali conformi ai requisiti di buona pratica.
  • In tali circostanze occorre dichiarare che il legislatore polacco, adottando l’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste, ai sensi del quale la gestione forestale eseguita in conformità ai requisiti di buona pratica in materia di gestione forestale non viola le disposizioni riguardanti la conservazione di risorse, formazioni e componenti naturali particolari, ha violato i suoi obblighi derivanti dall’articolo 12, paragrafo 1, dall’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), e dall’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva “habitat”, nonché dall’articolo 5, lettere a), b) e d), e dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”. 2. Sulla violazione delle disposizioni relative alla tutela degli habitat

a) Argomenti delle parti

  • Per quanto riguarda la tutela degli habitat, la Commissione ricorda, nel suo ricorso, che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva “habitat” e l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva “uccelli” richiedono l’adozione di misure di conservazione per zone specifiche. Orbene, l’applicazione dell’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste e del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica significherebbe che non sia più necessario adottare e attuare in Polonia misure di protezione riguardo a tali zone, in violazione di dette disposizioni delle direttive “habitat” e “uccelli”.
  • A tal riguardo, la Corte avrebbe dichiarato che le disposizioni nazionali che non sono stabilite e applicate per zone specifiche non possono soddisfare i requisiti e garantire l’effetto utile dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva “habitat”, in quanto le misure di conservazione di una zona specifica devono essere complete, chiare e precise (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia, C-849/19, non pubblicata, EU:C:2020:1047, punti 77 e 85).
  • Il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica, essendo molto generico, non potrebbe soddisfare i requisiti menzionati al punto precedente della presente sentenza.
  • Secondo la Commissione, esiste il rischio che, nel caso in cui l’operazione in questione si riveli conforme alla buona pratica, ai sensi dell’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste, essa sia esentata dal rispetto dei principi di conservazione dei siti interessati, compresi i siti Natura 2000. Di conseguenza, esisterebbe il rischio che le misure di conservazione che possono essere definite nei piani di conservazione della rete Natura 2000 non siano attuate.
  • Orbene, in conformità alla giurisprudenza della Corte, gli Stati membri non possono autorizzare interventi che potrebbero compromettere seriamente le caratteristiche ecologiche dei siti che ospitano tipi di habitat naturali e/o specie prioritarie (v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna, C-404/09, EU:C:2011:768, punto 163).
  • Per tali ragioni, nonché per quelle esposte dalla Commissione relativamente alla violazione, da parte della Repubblica di Polonia, degli articoli 12 e 16 della direttiva “habitat” e degli articoli 5 e 9 della direttiva “uccelli”, si dovrebbe dichiarare che l’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste e il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica costituiscono una trasposizione non corretta dell’obbligo, enunciato all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva “habitat”, di evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie.
  • Nel suo controricorso la Repubblica di Polonia replica che, ai sensi della normativa polacca, le operazioni di gestione forestale devono essere conformi alle misure di protezione stabilite nei piani dei compiti di conservazione specifici dei siti Natura 2000.
  • In conformità all’articolo 46 della legge relativa all’informazione sull’ambiente, tutti i piani di gestione forestale nella zona Natura 2000 sarebbero sottoposti, prima della loro adozione, al procedimento di valutazione strategica dell’impatto ambientale, che esamina il livello di incidenza delle misure progettate sulla zona Natura 2000. In conformità all’articolo 55, paragrafo 2, di tale legge, il progetto non può essere adottato, salvo che sussistano i presupposti previsti all’articolo 34 della legge relativa alla tutela della natura, nel caso in cui la valutazione strategica dell’impatto ambientale indichi che vi può essere un significativo impatto negativo sulla zona Natura 2000.
  • L’obiettivo del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica sarebbe proprio quello di escludere i contrasti con gli obiettivi di conservazione, riguardanti le zone Natura 2000 che valgono per i siti di specie protette, identificandoli e modificando, poi, le operazioni di gestione forestale. Dal momento che dette operazioni devono essere conformi ai piani dei compiti di conservazione e ai piani di conservazione delle zone Natura 2000, la Repubblica di Polonia sottolinea che tale regolamento non esonera i proprietari delle foreste dall’obbligo di rispettare i piani in parola.
  • Per quanto riguarda l’asserita violazione dell’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva “habitat”, la Commissione non avrebbe prodotto alcun elemento di prova a sostegno delle sue affermazioni e si limiterebbe a concludere che esiste “un rischio” che le misure di protezione definite nei piani di conservazione non siano attuate.
  • Inoltre, conformemente alla giurisprudenza della Corte, nell’ambito dell’esame del rispetto dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva “habitat”, la Commissione non può valutare la normativa nazionale in questione senza tener conto del contesto normativo nel quale essa si colloca. La Commissione dovrebbe dimostrare che le misure adottate in applicazione della normativa contestata non consentano di evitare effettivamente il degrado degli habitat (sentenza del 4 marzo 2010, Commissione/Francia, C-241/08, EU:C:2010:114, punto 23).
  • Per quanto riguarda, più specificamente, le disposizioni del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica, la Repubblica di Polonia sottolinea che esse sono simili a quelle stabilite nei piani dei compiti di conservazione per le diverse zone Natura 2000 e prevedono misure che contribuiscono, pertanto, al miglioramento e alla salvaguardia degli habitat, nonché alla lotta contro la perturbazione delle specie. Pertanto, tale regolamento garantirebbe una migliore realizzazione degli obiettivi previsti all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva “habitat”.
  • Nella sua replica la Commissione sostiene che il chiaro tenore letterale sia dell’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste, sia del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica estende la deroga alle misure di conservazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva “habitat” e dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”. Sebbene la Repubblica di Polonia sottolinei correttamente che esistono altre misure di conservazione, essa non prenderebbe posizione, tuttavia, sul rischio di un’interpretazione letterale delle disposizioni che introducono una deroga così ampia.
  • A parere della Commissione, la deroga prevista dal combinato disposto dell’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste e di detto regolamento si estende alle disposizioni della legge relativa alla tutela della natura, che traspongono l’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva “habitat” e l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”, il che è, già di per sé, contrario alle due direttive in parola. Tale istituzione sottolinea che l’effetto di detta deroga è che talune pratiche siano considerate compatibili con l’obbligo di conservazione previsto all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva “habitat” per il solo motivo che esse sono conformi al regolamento relativo ai requisiti di buona pratica. Orbene, tale regolamento non sarebbe sufficiente a giustificare una deroga alle disposizioni delle direttive “habitat” e “uccelli”.
  • Nella sua controreplica la Repubblica di Polonia evidenzia che la Commissione non ha fornito la prova che le operazioni di gestione forestale, attuate in base al regolamento relativo ai requisiti di buona pratica, si discostino dalle norme stabilite nei piani specifici dei compiti di conservazione e nei piani specifici di conservazione dei siti N. 2000. Orbene, in conformità all’articolo 33, paragrafo 1, della legge relativa alla tutela della natura, le operazioni di gestione forestale nel sito N. 2000 non potrebbero avere un significativo effetto negativo sugli obiettivi di conservazione di tale zona. Tale norma sarebbe parimenti applicabile alle operazioni di gestione forestale realizzate sulla base del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica.
  • In risposta all’argomento della Commissione relativo all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva “habitat” e all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”, la Repubblica di Polonia sostiene che l’articolo 33, paragrafo 1, punto 1, della legge relativa alla tutela della natura prevede espressamente che è vietato intraprendere qualsiasi attività che possa deteriorare lo stato degli habitat naturali o degli habitat di specie vegetali e animali per la cui tutela è stato designato un sito N. 2000, oppure danneggiare le specie per la cui protezione è stato designato un sito N. 2000. Il tenore letterale di tale disposizione polacca non lascerebbe alcun dubbio sul fatto che essa trovi applicazione anche qualora operazioni di gestione forestale vengano attuate sulla base del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica.

b) Giudizio della Corte

  1. In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva “habitat”, per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali e delle specie interessati.
  2. Il paragrafo 2 di tale articolo 6 prevede che gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione può avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della citata

direttiva.

  1. Per quanto concerne l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”, esso dispone che per le specie interessate sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione.
  2. Relativamente alla tutela degli habitat, prevista all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva “habitat” e all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”, la Corte ha già dichiarato che tali disposizioni, a pena di essere private del loro effetto utile, richiedono non soltanto l’adozione delle misure di conservazione necessarie al mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie protetti all’interno del sito interessato, ma anche, e soprattutto, la loro effettiva attuazione [sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C-441/17, EU:C:2018:255, punto 213].
  3. Inoltre, l’accuratezza della trasposizione dell’articolo 6 della direttiva “habitat”, che prevede la tutela degli habitat delle specie, riveste una particolare importanza qualora, come stabilito da tale direttiva, la gestione del patrimonio comune sia affidata, per il rispettivo territorio, agli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Grecia, C-849/19, non pubblicata, EU:C:2020:1047, punto 78).
  4. Orbene, occorre rilevare che, come constatato ai punti 76 e 79 della presente sentenza, la deroga ai requisiti relativi alla tutela delle specie animali e vegetali, prevista all’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste, è redatta in termini generali ed ha una portata molto ampia. Di conseguenza, essa può essere interpretata e applicata dalle autorità nazionali come una deroga all’insieme delle disposizioni polacche che traspongono le disposizioni delle direttive “habitat” e “uccelli”.
  5. Pertanto, anche se, nell’ambito della sua difesa, il governo polacco fa riferimento alle altre disposizioni legislative polacche che danno attuazione all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva “habitat” e all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”, occorre constatare che l’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste e il regolamento relativo ai requisiti di buona pratica non garantiscono la chiarezza e la precisione richieste per quanto riguarda la trasposizione e l’attuazione di dette disposizioni delle direttive “habitat” e “uccelli”.
  6. A tal riguardo, nella misura in cui lo stesso governo polacco rileva che tali requisiti “sono simili a quelli stabiliti”, in particolare, nell’ambito dei piani di conservazione per le diverse zone Natura 2000, si deve necessariamente constatare che il governo in parola non contesta che i primi requisiti non corrispondono esattamente ai requisiti derivanti dall’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva “habitat” nonché dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”.
  7. In ogni caso, i requisiti di buona pratica di gestione forestale previsti dal paragrafo 1 del regolamento relativo ai requisiti di buona pratica si applicano, in via generale, alle operazioni forestali, indipendentemente dalle caratteristiche delle zone in cui tali operazioni sono svolte e, di conseguenza, prescindendo dalle caratteristiche degli habitat e delle specie che possono essere interessate dalle stesse. Ne risulta che il rispetto di tali requisiti non può assicurare che siano soddisfatte le condizioni specifiche derivanti dall’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva “habitat” nonché dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”, che si riferiscono a taluni habitat e a talune specie concrete.
  8. In tali circostanze, occorre dichiarare che il legislatore polacco, adottando l’articolo 14b, paragrafo 3, della legge sulle foreste, il quale prevede che la gestione forestale eseguita in conformità ai requisiti di buona pratica in materia di gestione forestale non viola le disposizioni riguardanti la conservazione di risorse, formazioni e componenti naturali particolari, ha violato i suoi obblighi derivanti dall’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva “habitat” nonché dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”.
  9. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la prima censura, vertente sulla violazione dell’articolo 6, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 12, paragrafo 1, dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva “habitat” nonché dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 5, lettere a), b) e d), e dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva “uccelli”, è fondata.

B. Sulla seconda censura

1. Argomenti delle parti

  1. Nel suo ricorso la Commissione sostiene che, nei limiti in cui la legge sulle foreste conferisce ai piani di gestione forestale un carattere soltanto interno, i diritti delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente non sono garantiti. Infatti, un atto di approvazione di un siffatto piano non avrebbe carattere di decisione amministrativa, dal momento che l’articolo 22, paragrafo 1, della legge sulle foreste non fa riferimento a una decisione amministrativa, mentre la stessa legge prevederebbe espressamente la forma della decisione amministrativa per quanto riguarda altri atti degli organi amministrativi.
  2. Il carattere esclusivamente interno degli atti di approvazione dei piani di gestione forestale sarebbe confermato dalla giurisprudenza del Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia). Nella sua sentenza del 12 marzo 2014 (II OSK 2477/12), tale alto organo giurisdizionale polacco avrebbe confermato il rigetto del ricorso avverso un piano di gestione forestale proposto da un’organizzazione per la tutela dell’ambiente in quanto irricevibile, in ragione della circostanza che un atto del Ministro dell’Ambiente che approva tale piano non costituiva una decisione amministrativa impugnabile in sede giurisdizionale.
  3. In aggiunta, nella sua ordinanza del 17 ottobre 2017 (II OSK 2336/17), il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) avrebbe confermato, per le stesse ragioni, il rigetto, da parte del Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia, Polonia), in quanto irricevibile, di un ricorso proposto dal Rzecznik Praw Obywatelskich (Difensore civico, Polonia) avverso un atto del Ministro dell’Ambiente che ha approvato un allegato al piano di gestione forestale.
  4. Poiché il procedimento di approvazione di un piano di gestione forestale ha, quindi, carattere “interno”, esso non sarebbe considerato un procedimento che richiede la partecipazione del pubblico. Pertanto, in relazione a siffatti piani, le organizzazioni per la tutela dell’ambiente sarebbero private dei diritti procedurali, tra cui il diritto di proporre ricorso dinanzi a un tribunale amministrativo avverso una decisione adottata nell’ambito di un tale procedimento, previsti all’articolo 44, paragrafi da 1 a 3, della legge relativa all’informazione sull’ambiente e avrebbero solo il diritto di presentare osservazioni e proposte, ai sensi degli articoli da 39 a 41 di quest’ultima legge.
  5. A parere della Commissione, tale situazione giuridica è incompatibile con l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat” e con l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, nonché con la costante giurisprudenza della Corte.
  6. A tal riguardo, la Corte avrebbe dichiarato che un’organizzazione per la tutela dell’ambiente che soddisfa i requisiti prescritti dall’articolo 2, paragrafo 5, di tale convenzione dovrebbe poter contestare, nell’ambito di un ricorso ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, non solamente la decisione di non compiere un’opportuna valutazione dell’incidenza del piano o del progetto sul sito interessato, ma altresì, se del caso, la valutazione realizzata in quanto viziata (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2016, L.Z.V., C-243/15, EU:C:2016:838, punti da 58 a 61).
  7. In tale contesto, la Commissione afferma che i piani di gestione forestale devono essere qualificati come “piani o progetti”, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, e come “decisioni”, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione di Aarhus. Pertanto, l’articolo 9, paragrafo 2, di tale Convenzione sarebbe applicabile ai piani di gestione forestale, con la conseguenza che le organizzazioni per la tutela dell’ambiente dovrebbero poter partecipare ai procedimenti relativi al controllo ambientale di tali piani, nonché poter adire un giudice o un altro organo indipendente ed imparziale, al fine di garantire la tutela dei loro diritti.
  8. Per quanto riguarda l’espressione “piano o progetto”, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, la Corte avrebbe dichiarato che il termine “progetto”, che figura in tale disposizione, è più ampio di quello contenuto nella direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1) (sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a., C-293/17 e C-294/17, EU:C:2018:882, punti 65 e 66).
  9. Dal momento che numerose operazioni di gestione forestale rientrano nella definizione più ristretta di “progetto”, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2011/92, esse dovrebbero quindi, a fortiori, essere qualificate come “progetti”, ai sensi della direttiva “habitat” (v., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2019, I.E.W. e B.B.L., C-411/17, EU:C:2019:622, punto 123).
  10. Per quanto riguarda l’argomento della Repubblica di Polonia secondo il quale la Convenzione di Aarhus non sarebbe applicabile nel caso di specie, la Commissione ricorda che, in conformità alla giurisprudenza della Corte, tutte le misure adottate sulla base dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat” rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, di tale Convenzione (sentenza dell’8 novembre 2016, L.Z.V., C-243/15, EU:C:2016:838, punto 56).
  11. Inoltre, dalla sentenza del 14 gennaio 2021, S.V. in N. e a. (C-826/18, EU:C:2021:7, punto 58), risulterebbe che le organizzazioni per la tutela dell’ambiente devono avere accesso alla giustizia a prescindere dalla loro partecipazione alla procedura decisionale relativa al piano o al progetto di cui trattasi.
  12. Nel suo controricorso la Repubblica di Polonia afferma, in via preliminare, che la seconda censura è irricevibile in quanto non rispetta i requisiti di chiarezza e di precisione stabiliti dalla giurisprudenza della Corte. Infatti, il livello di tutela derivante dai principi di equivalenza e di effettività definiti dalla giurisprudenza della Corte e applicabili per quanto riguarda l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 47 della Carta, sarebbe diverso da quello risultante dall’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus.
  13. Inoltre, la Commissione non avrebbe spiegato la ragione per cui la seconda censura del suo ricorso riguarda soltanto l’impossibilità per le organizzazioni ambientaliste di impugnare in sede giudiziaria gli atti di approvazione dei piani di gestione forestale, sebbene dall’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus si evinca che una categoria più ampia di soggetti, ossia il pubblico interessato, dovrebbe beneficiare di detto diritto.
  14. La Repubblica di Polonia sostiene che, in ogni caso, la seconda censura è infondata.
  15. A questo proposito, tale Stato membro ricorda che la Corte ha dichiarato che le decisioni rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat” rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus soltanto se esse sono contemplate nell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), di tale Convenzione, vale a dire soltanto se riguardano “attività”, ai sensi di quest’ultima disposizione (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2016, L.Z.V., C-243/15, EU:C:2016:838, punto 57).
  16. La Repubblica di Polonia aggiunge che l’oggetto della causa che ha dato luogo a detta sentenza riguardava un’attività specifica e non già, come avviene nella presente causa, la valutazione dei documenti di pianificazione costituiti dai piani di gestione forestale.
  17. Tale Stato membro ritiene che un piano di gestione forestale costituisca un piano, una strategia o un programma e che, di conseguenza, rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 7 della Convenzione di Aarhus. A tal riguardo, dovrebbero essere rispettati i requisiti stabiliti dall’articolo 6, paragrafi 3, 4 e 8, di tale Convenzione. Per contro, nulla consentirebbe di ritenere che un piano di gestione forestale possa essere considerato un'”attività proposta”, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), di detta Convenzione.
  18. Ne conseguirebbe che un “progetto” è un’azione (realizzazione, intervento), mentre un “piano” è un documento (piano, programma) elaborato o adottato da un’autorità mediante un procedimento

legislativo specifico ed è richiesto da disposizioni legislative.

  1. La Repubblica di Polonia constata che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione di Aarhus, le Parti di tale convenzione stabiliscono in ciascun caso se l’attività proposta rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 6 della Convenzione in parola. Orbene, non risulterebbe né dal diritto dell’Unione né dal diritto polacco che tale disposizione trovi applicazione ai piani di gestione forestale.
  2. Detti piani di gestione forestale non potrebbero neppure essere considerati progetti da un punto di vista funzionale e teleologico.
  3. L’obiettivo principale dei piani di gestione forestale sarebbe quello di preservare la sostenibilità, la continuità e la vitalità delle foreste. Orbene, nel suo ricorso la Commissione considererebbe, erroneamente, la gestione forestale come una serie di progetti separati. Tale istituzione affronterebbe la questione dell’abbattimento degli alberi, vale a dire dei tagli sfruttabili, indipendentemente dalle rigenerazioni future e da altri interventi di gestione forestale, nonché prescindendo dal fatto che tutti gli interventi in parola sono pianificati su periodi decennali e che tali periodi costituiscono, in realtà, gli elementi di un processo continuo e ininterrotto di mantenimento sostenibile delle foreste.
  4. Tale Stato membro conclude che la Commissione non ha dimostrato che un piano di gestione forestale costituisca un'”attività”, ai sensi della Convenzione di Aarhus, e rientri, pertanto, nell’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, di detta Convenzione.
  5. Per quanto riguarda la giurisprudenza degli organi giurisdizionali polacchi, citata nel ricorso della Commissione, la Repubblica di Polonia sostiene che tale giurisprudenza non è sufficiente a suffragare l’argomentazione di detta istituzione presentata nell’ambito della seconda censura.
  6. Più concretamente, le sentenze del Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia), del 30 aprile 2009 (IV SA/Wa 2036/08), del 14 giugno 2012 (IV SA/Wa 516/12) e del 28 gennaio 2015 (IV SA/Wa 2004/14), confermerebbero che il Ministro dell’Ambiente è tenuto a conferire agli atti di approvazione dei piani di gestione forestale la forma della decisione amministrativa.
  7. La giurisprudenza del Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) avrebbe confermato, inoltre, che gli organi giurisdizionali amministrativi hanno l’obbligo di interpretare la normativa nazionale in conformità al diritto dell’Unione. Per quanto riguarda i piani di gestione forestale, l’interpretazione conforme accolta dagli organi giurisdizionali amministrativi sarebbe idonea a condurre alla conclusione che un atto di approvazione del piano di gestione forestale riveste la forma di una decisione amministrativa che può essere oggetto di un ricorso proposto dalle organizzazioni ambientaliste in applicazione dell’articolo 44, paragrafo 3, della legge relativa all’informazione sull’ambiente.
  8. La Repubblica di Polonia aggiunge che, ai sensi della normativa polacca, il giudice ordinario può essere investito di un’azione diretta, in sostanza, a contestare un piano di gestione forestale, ovvero le operazioni svolte in esecuzione di detti piani.
  9. La Repubblica di Polonia precisa altresì che la seconda censura è infondata ratione materiae. Infatti, dal momento che la Commissione deduce una violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, tale censura dovrebbe riguardare solamente i piani di gestione forestale relativi a operazioni di gestione forestale che possono avere incidenze significative sui siti Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, e che, pertanto, devono essere oggetto di una valutazione adeguata del loro impatto su detti siti. Tuttavia, solo una parte delle foreste interessate dai piani di gestione forestale è relativa a zone Natura 2000. Orbene, nella sua argomentazione svolta nell’ambito della seconda censura, la Commissione non farebbe alcuna distinzione tra le due fattispecie in parola.
  10. Nella sua replica la Commissione rileva che l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica di Polonia per quanto riguarda la seconda censura è priva di fondamento.
  11. Nella sentenza dell’8 novembre 2016, L.Z.V. (C-243/15, EU:C:2016:838, punto 63), la Corte avrebbe riconosciuto che l’articolo 47 della Carta poteva essere letto in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus. Inoltre, nelle sentenze del 3 ottobre 2019, W.N.B. e a. (C197/18, EU:C:2019:824, punto 32), nonché del 14 gennaio 2021, S.V. in N. e a. (C-826/18, EU:C:2021:7, punto 64), essa avrebbe dichiarato che il significato autonomo dell’articolo 47 della Carta entra in gioco solo qualora sia valutato il carattere giustificato o meno di una limitazione del diritto a un ricorso effettivo. Orbene, la presente causa avrebbe ad oggetto non già una limitazione di tale diritto, bensì il mancato accesso alla giustizia da parte delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente.
  12. In risposta all’argomento sollevato dalla Repubblica di Polonia, secondo il quale la definizione di

“progetto” o di “piano” dovrebbe essere stabilita in conformità alle direttive 2011/92 e 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU 2001, L 197, pag. 30), la Commissione ricorda che, tra l’approvazione di un piano di gestione forestale e l’intervento ambientale in forma di attività di gestione forestale, non esiste nessun’altra fase di convalida di siffatte attività che sia idonea a condurre a una decisione amministrativa impugnabile, in via amministrativa o in sede giudiziaria.

  1. Per quanto riguarda la giurisprudenza nazionale richiamata dalla Repubblica di Polonia nel suo controricorso, a sostegno della sua tesi secondo la quale un piano di gestione forestale sarebbe impugnabile dinanzi a un giudice, la Commissione afferma che tale Stato membro ha fatto riferimento alle decisioni di un organo giurisdizionale gerarchicamente inferiore, mentre gli argomenti della Commissione sarebbero fondati sulla giurisprudenza del Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa).
  2. In ogni caso, la possibilità di un’interpretazione conforme al diritto dell’Unione da parte dei giudici polacchi non potrebbe esonerare il legislatore polacco dal suo obbligo di porre rimedio alla mancanza di conformità del diritto polacco al diritto dell’Unione.
  3. Per quanto riguarda il diritto di presentare denunce e proposte in forza dell’articolo 221 del codice di procedura amministrativa polacco, esso non consentirebbe di adire un organo giurisdizionale amministrativo al fine di impugnare direttamente una decisione di approvazione di un piano di gestione forestale.
  4. In merito alla possibilità di proporre ricorso dinanzi al tribunale amministrativo avverso una decisione relativa alle condizioni ambientali per quanto riguarda i progetti che richiedono la valutazione del loro impatto sull’ambiente, la Commissione evidenzia che, in conformità alle disposizioni della legge sulle foreste, un piano di gestione forestale non è considerato un progetto che richiede una simile valutazione e un permesso ambientale.
  5. In risposta all’argomento della Repubblica di Polonia che fa riferimento agli articoli da 322 a 324 della legge sulla tutela dell’ambiente, la Commissione sostiene che le azioni civili non consentono alle organizzazioni per la tutela dell’ambiente di impugnare direttamente, in sede giudiziaria, un piano di gestione forestale. Tale tipo di rimedio riguarderebbe la responsabilità civile in caso di danno all’ambiente, dal momento che il giudice ordinario adito non può eliminare dall’ordinamento giuridico polacco un piano di gestione forestale viziato da irregolarità.
  6. Nella sua controreplica la Repubblica di Polonia afferma che la Commissione non ha indicato se, a suo avviso, sia possibile che un medesimo atto, nel caso di specie un piano di gestione forestale, sia al contempo un'”attività specifica”, quale prevista all’articolo 6 della Convenzione di Aarhus, e un “piano/programma in materia ambientale”, quale previsto all’articolo 7 di tale Convenzione. Infatti, un piano di gestione forestale dovrebbe essere considerato un piano in materia ambientale, ai sensi tanto dell’articolo 7 della Convenzione di Aarhus quanto dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2001/42, nonché ai sensi delle disposizioni del diritto polacco che traspongono tali atti giuridici, vale a dire, segnatamente, l’articolo 46 della legge relativa all’informazione sull’ambiente. Orbene, in conformità all’articolo 7 della Convenzione di Aarhus, i piani e i programmi in materia ambientale rientrerebbero unicamente nell’ambito di applicazione dei paragrafi 3, 4 e 8 dell’articolo 6 di tale Convenzione, mentre solo le attività proposte rientrerebbero nell’ambito di applicazione dell’articolo 6 nel suo insieme.
  7. La Repubblica di Polonia aggiunge che l’articolo 6 della Convenzione di Aarhus riguarda le “attività specifiche”, mentre un piano di gestione forestale non prevede nessuna attività specifica con indicazione di una data e di un luogo di esecuzione, bensì stabilisce soltanto compiti da svolgere durante un periodo decennale.
  8. Non sarebbero elencati nell’allegato I alla Convenzione di Aarhus né un piano di gestione forestale né misure previste in un siffatto piano e, di conseguenza, essi non rientrerebbero nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), di tale Convenzione. Per quanto riguarda l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), di detta Convenzione, le Parti di quest’ultima potrebbero determinare in ciascun caso se l’attività di cui trattasi rientri nell’ambito di applicazione di tale articolo.
  9. Relativamente ai rimedi civilistici finalizzati a ovviare alle irregolarità dei piani di gestione forestale, la Commissione non avrebbe spiegato i motivi per cui ritiene che tali azioni siano insufficienti e perché solamente il diritto di impugnare le decisioni di approvazione dei piani di gestione forestale dinanzi a un organo giurisdizionale amministrativo soddisfarebbe i requisiti derivanti dalle disposizioni menzionate nell’ambito della seconda censura.
  10. A tal riguardo, un’azione civile consentirebbe di eliminare operazioni di gestione forestale specifiche che erano previste in un piano di gestione forestale e la cui attuazione è stata approvata dal distretto forestale.

2. Giudizio della Corte

a) Sull’eccezione di irricevibilità della seconda censura

  1. In via preliminare, occorre ricordare che un ricorso proposto ai sensi dell’articolo 258 TFUE deve esporre le censure in modo coerente e preciso, così da consentire allo Stato membro e alla Corte di comprendere esattamente la portata della violazione del diritto dell’Unione contestata, presupposto necessario affinché tale Stato possa far valere utilmente i suoi motivi di difesa e affinché la Corte possa verificare l’esistenza dell’inadempimento addotto [sentenza del 28 aprile 2022, Commissione/Bulgaria (Aggiornamento delle strategie per l’ambiente marino), C-510/20, EU:C:2022:324, punto 17 e

giurisprudenza ivi citata].

  1. In particolare, il ricorso della Commissione deve contenere un’esposizione coerente e dettagliata delle ragioni che l’hanno condotta al convincimento che lo Stato membro interessato è venuto meno a uno degli obblighi impostigli dai Trattati [sentenza del 28 aprile 2022, Commissione/Bulgaria (Aggiornamento delle strategie per l’ambiente marino), C-510/20, EU:C:2022:324, punto 18 e

giurisprudenza ivi citata].

  1. Nella presente causa, la Commissione ha affermato nel suo ricorso che la Repubblica di Polonia, avendo escluso la possibilità, per le organizzazioni per la tutela dell’ambiente, di impugnare dinanzi al tribunale i piani di gestione forestale, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, l’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, l’articolo 47 della Carta, nonché con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus.
  2. Nella motivazione della seconda censura la Commissione ha evidenziato il nesso tra tale disposizione della direttiva “habitat” e le citate disposizioni della Convenzione di Aarhus nonché, in via accessoria, l’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, facendo al contempo riferimento alla giurisprudenza della Corte che tale istituzione ritiene pertinente a questo proposito.
  3. In tali circostanze non si può sostenere che la Commissione non abbia adempiuto, per quanto riguarda il suo ricorso, agli obblighi ad essa incombenti in conformità alla giurisprudenza citata ai punti 155 e 156 della presente sentenza, relativamente alle suddette disposizioni della Convenzione di Aarhus e del Trattato FUE.
  4. Per contro, l’argomentazione esposta nel ricorso non contiene alcun riferimento all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta, né illustra, a fortiori, in che modo tali disposizioni del diritto dell’Unione siano pertinenti al fine di statuire sulla seconda censura, sicché non occorre che la Corte consideri dette disposizioni nell’ambito dell’esame del ricorso di cui trattasi.
  5. Peraltro, l’argomento della Repubblica di Polonia relativo all’asserita incoerenza tra l’oggetto del ricorso e il ragionamento svolto dalla Commissione nell’ambito della seconda censura, menzionato al punto 126 della presente sentenza, riguarda l’esame nel merito del ricorso per inadempimento.
  6. Per quanto concerne l’argomento della Repubblica di Polonia di cui al punto 127 della presente sentenza, è sufficiente ricordare che, nel sistema istituito dall’articolo 258 TFUE, la proposizione del ricorso per inadempimento rientra nel potere discrezionale della Commissione, il cui esercizio non può essere oggetto di valutazione di opportunità da parte della Corte (sentenza del 18 novembre 2010, Commissione/Spagna, C-48/10, non pubblicata, EU:C:2010:704, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
  7. Pertanto, la Repubblica di Polonia non può utilmente invocare il fatto che la Commissione non abbia dedotto, nell’ambito della seconda censura, l’assenza di accesso al giudice, ai sensi della normativa polacca, del pubblico interessato nel suo complesso, affinché tale censura sia dichiarata irricevibile per quanto riguarda le organizzazioni per la tutela dell’ambiente (v., per analogia, sentenza del 7 maggio 2009, Commissione/Portogallo, C-530/07, non pubblicata, EU:C:2009:292, punto 30).
  8. In tali circostanze, l’eccezione di irricevibilità della seconda censura del ricorso della Commissione, sollevata dalla Repubblica di Polonia, deve essere respinta.

b) Sull’inadempimento

  1. Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione di un sito, ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.
  2. L’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Aarhus dispone che ciascuna Parte applica le disposizioni di tale articolo alle decisioni relative all’autorizzazione delle attività elencate nell’allegato I. Ai sensi della lettera b) della disposizione in parola, ciascuna Parte, in conformità del proprio diritto nazionale, applica inoltre le disposizioni del citato articolo alle decisioni relative ad attività non elencate nell’allegato I che possano avere effetti significativi sull’ambiente e, a tal fine, le Parti stabiliscono in ciascun caso se l’attività proposta è soggetta a tali disposizioni.
  3. In conformità all’articolo 9, paragrafo 2, di tale Convenzione, nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato che vantino un interesse sufficiente, o in alternativa che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto, abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 di detta Convenzione e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo l’articolo 6, paragrafo 3, della stessa, ad altre pertinenti disposizioni della medesima Convenzione.
  4. Per quanto riguarda i piani di gestione forestale, che costituiscono l’oggetto della seconda censura contenuta nel ricorso della Commissione, occorre ricordare che l’articolo 6, paragrafo 1, punto 6, della legge sulle foreste definisce un siffatto piano come “il documento di base della gestione forestale preparato per un sito specifico, contenente una descrizione e una valutazione dello stato della foresta, nonché gli obiettivi, i compiti e i metodi di gestione forestale”.
  5. Ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, della legge sulle foreste, il Ministro dell’Ambiente approva un piano di gestione forestale per le foreste che sono di proprietà dell’Erario e dei piani di gestione forestale semplificati per le foreste che fanno parte delle risorse della proprietà agricola dell’Erario.
  6. A tal riguardo, occorre anzitutto ricordare che la Corte ha già avuto modo di esaminare un piano di gestione forestale, quale previsto dalla normativa polacca, alla luce della direttiva “habitat” e ha applicato, a questo proposito, i requisiti stabiliti all’articolo 6, paragrafo 3, di detta direttiva [v., in tal senso, sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C-441/17, EU:C:2018:255, punti da 106 a 193].
  7. Pertanto tale disposizione, che riguarda “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito”, può trovare applicazione rispetto ai piani di gestione forestale previsti all’articolo 22 della legge sulle foreste.
  8. Per quanto riguarda i rapporti tra, da un lato, l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat” e, dall’altro, l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, la Corte ha già dichiarato che le decisioni adottate dalle autorità nazionali competenti nell’ambito di detto articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, che riguardino una domanda di partecipazione al procedimento di autorizzazione, o la valutazione della necessità di una valutazione dell’impatto ambientale di un piano o progetto su un sito protetto o anche il carattere appropriato delle conclusioni tratte da tale valutazione dei rischi di detto progetto o piano per l’integrità di un tale sito, e che siano autonome o integrate in una decisione di autorizzazione, sono decisioni che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus (sentenza dell’8 novembre 2016, L.Z.V., C-243/15, EU:C:2016:838, punto 56).
  9. Infatti, le decisioni adottate dalle autorità nazionali rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, che non riguardano un’attività elencata nell’allegato I alla Convenzione di Aarhus, sono contemplate nell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), di tale

Convenzione e rientrano, quindi, nel campo di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2 della stessa, poiché tali decisioni comportano che le autorità competenti valutino, prima di autorizzare una qualunque attività, se essa, nelle circostanze del caso di specie, possa avere effetti significativi sull’ambiente (sentenza dell’8 novembre 2016, L.Z.V., C-243/15, EU:C:2016:838, punto 57).

  1. Quanto all’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, tale disposizione circoscrive il margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri nella determinazione delle modalità dei ricorsi cui essa si riferisce, in quanto tale disposizione persegue l’obiettivo di garantire un “ampio accesso alla giustizia” al pubblico interessato, che comprende le organizzazioni per la tutela dell’ambiente che soddisfano i requisiti prescritti dall’articolo 2, paragrafo 5, di tale convenzione (sentenza dell’8 novembre 2016, L.Z.V., C-243/15, EU:C:2016:838, punto 58).
  2. A tal riguardo, si deve constatare che, sebbene la Convenzione di Aarhus e, in particolare, il suo articolo 6, paragrafo 1, lettera b), lasci agli Stati parti contraenti un certo margine di discrezionalità per quanto riguarda l’esame di effetti significativi sull’ambiente dell’attività di cui trattasi, resta tuttavia il fatto che, tenuto conto della giurisprudenza richiamata ai punti 172 e 173 della presente sentenza, la direttiva “habitat” concretizza i requisiti da stabilire per quanto riguarda il carattere significativo degli effetti sull’ambiente nel settore della tutela europea della natura. Orbene, gli effetti negativi rispetto agli obiettivi di conservazione delle zone europee di tutela dovrebbero, in linea di principio, essere considerati significativi ai sensi di tale disposizione della Convenzione di Aarhus, sicché le organizzazioni per la tutela dell’ambiente avrebbero, quindi, il diritto di chiedere che le autorità competenti verifichino, caso per caso, se le attività proposte possano avere un tale effetto importante.
  3. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre concludere che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 9, paragrafo

2, della Convenzione di Aarhus, prevede l’obbligo, per la Repubblica di Polonia, di garantire alle organizzazioni di tutela dell’ambiente la possibilità di investire un organo giurisdizionale di una domanda diretta a verificare, in modo effettivo, la legittimità, nel merito e sotto il profilo procedurale, dei piani di gestione forestale, ai sensi delle disposizioni della legge sulle foreste, nei limiti in cui tali piani rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”.

  1. Per di più, la normativa che prevede un siffatto accesso a un giudice deve soddisfare i requisiti di chiarezza e di precisione, stabiliti nel settore del diritto ambientale in conformità alla giurisprudenza della Corte (v., per analogia, sentenza del 15 marzo 2012, Commissione/Polonia, C-46/11, non pubblicata, EU:C:2012:146, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
  2. Nel caso di specie, alla luce del fascicolo di cui dispone la Corte, si deve constatare che la normativa polacca non soddisfa i requisiti di cui ai punti 176 e 177 della presente sentenza.
  3. In particolare, per quanto riguarda l’articolo 22, paragrafo 1, della legge sulle foreste, il quale prevede che il Ministro dell’Ambiente approvi un piano di gestione forestale, la Commissione ha fatto riferimento nel suo ricorso alla giurisprudenza del Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa), menzionata ai punti 116 e 117 della presente sentenza, secondo la quale tale atto di approvazione non costituisce una decisione amministrativa impugnabile in sede giurisdizionale.
  4. Nella sua replica a tale argomento della Commissione, la Repubblica di Polonia non contesta l’esistenza di detta giurisprudenza, ma si limita a invocare le decisioni di un organo giurisdizionale inferiore, ossia quelle del Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia), che deporrebbero a favore della possibilità di impugnare dinanzi al giudice amministrativo l’approvazione, da parte del Ministro dell’Ambiente, di un piano di gestione forestale.
  5. A tale proposito, occorre ricordare che pronunce giurisdizionali isolate o fortemente minoritarie in un contesto giurisprudenziale caratterizzato da un diverso orientamento, o ancora un’interpretazione smentita dal supremo giudice nazionale, non possono essere prese in considerazione (v., per analogia, sentenza del 9 dicembre 2003, Commissione/Italia, C-129/00, EU:C:2003:656, punto 32).
  6. In ogni caso, quando una normativa nazionale forma oggetto di divergenti interpretazioni giurisprudenziali che siano plausibili e che conducano, alcune ad un’applicazione della detta normativa compatibile con il diritto dell’Unione, altre ad un’applicazione incompatibile con esso, occorre dichiarare che, per lo meno, tale normativa non è sufficientemente chiara per garantire un’applicazione compatibile con il diritto dell’Unione (sentenza del 9 dicembre 2003, Commissione/Italia, C-129/00, EU:C:2003:656, punto 33).
  7. Inoltre, la circostanza, quand’anche accertata, che la prassi delle autorità nazionali sia tale da garantire un’applicazione conforme alle disposizioni di una direttiva non può, di per sé sola, presentare la chiarezza e la precisione richieste per soddisfare i requisiti di certezza del diritto (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2012, Commissione/Polonia, C-192/11, non pubblicata, EU:C:2012:44, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).
  8. Per quanto riguarda l’articolo 323 della legge sulla tutela dell’ambiente, a cui la Repubblica di Polonia ha fatto riferimento nel suo controricorso, in base al quale, secondo tale Stato membro, il giudice ordinario può essere investito di un’azione diretta, in sostanza, a contestare le operazioni svolte in esecuzione di un piano di gestione forestale, si deve constatare che, da un lato, tale disposizione si limita a riconoscere il diritto di agire dinanzi a detto giudice a qualsiasi persona che sia direttamente minacciata di subire un danno o che abbia subito un pregiudizio a causa di una lesione illegittima dell’ambiente.
  9. Orbene, l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, che conferisce l’accesso alla giustizia ai membri del pubblico interessato, non prevede, a tal riguardo, il presupposto relativo alla minaccia diretta di un danno o di un pregiudizio a causa di una lesione illegittima dell’ambiente.
  10. D’altro lato, il citato articolo 323 della legge sulla tutela dell’ambiente non prevede la possibilità di esaminare la legittimità, sostanziale e procedurale, dei piani di gestione forestale, ma consente unicamente di chiedere il ripristino del legittimo stato di fatto e di adottare misure preventive, in particolare predisponendo impianti o attrezzature volti a impedire la minaccia o la verificazione del danno. Qualora ciò risulti impossibile o eccessivamente difficile, può essere richiesta la cessazione dell’attività all’origine del rischio.
  11. Ne consegue che gli elementi forniti alla Corte dalla Repubblica di Polonia non consentono di ritenere che tale rimedio sia idoneo a permettere di garantire in modo effettivo la possibilità, per le organizzazioni di tutela dell’ambiente, di sottoporre i piani di gestione forestale rientranti nell’ambito dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat” a un controllo giudiziario per quanto riguarda il merito e il procedimento di adozione dei piani in parola.
  12. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la seconda censura, vertente sulla violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, è fondata.

Sulle spese

  1. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Repubblica di Polonia, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

P.Q.M.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

  1. La Repubblica di Polonia, avendo adottato l’articolo 14b, paragrafo 3, dell’ustawa o lasach (legge sulle foreste), del 28 settembre 1991, come modificata dall’ustawa o zmianie ustawy o ochronie przyrody oraz ustawy o lasach (legge recante modifica della legge relativa alla tutela della natura e della legge sulle foreste), del 16 dicembre 2016, ai sensi del quale la gestione forestale eseguita in conformità ai requisiti di buona pratica in materia di gestione forestale non viola le disposizioni riguardanti la conservazione di risorse, formazioni e componenti naturali particolari, segnatamente le disposizioni degli articoli 51 e 52 dell’ustawa o ochronie przyrody (legge relativa alla tutela della natura), del 16 aprile 2004, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 12, paragrafo 1, dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come modificata dalla direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013, nonché dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 5, lettere a), b) e d), e dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, come modificata dalla direttiva 2013/17.
  2. La Repubblica di Polonia, avendo omesso di adottare tutte le disposizioni legislative necessarie a garantire alle organizzazioni di tutela dell’ambiente la possibilità di investire un organo giurisdizionale di una domanda diretta a verificare, in modo effettivo, la legittimità, nel merito e sotto il profilo procedurale, dei piani di gestione forestale, ai sensi delle disposizioni della legge sulle foreste, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, come modificata dalla direttiva 2013/17, in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, sottoscritta ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005.
  3. La Repubblica di Polonia è condannata alle spese.